Doggy bag, stop allo spreco alimentare
Il termine ‘doggy bag’ nasce oltreoceano, a San Francisco, durante il secondo conflitto mondiale e indica un contenitore utilizzato per portare a casa i propri avanzi. Un’abitudine che si diffuse prima come necessità, vista la mancanza di cibo, e poi come moda.
Se negli Stati Uniti è ormai normale e, ad oggi, in Francia è obbligatorio portare a casa i propri avanzi, in Italia la questione è diversa: solo il 15, 5% del cibo avanzato non finisce nella spazzatura.
Negli ultimi anni, l’interesse nei confronti di uno stile di vita sostenibile si sta diffondendo a tutte le fasce delle popolazioni e sta diventando una vera e propria moda, oltre che una buona pratica. È importante però che anche le istituzioni e i ristoratori muovano dei passi in questa direzione. Tra le iniziative da cui prendere spunto possiamo citare il “Rimpiattino”, un progetto, promosso da FIPE e da Comieco nel 2019, per contrastare lo spreco alimentare tramite la distribuzione a più di 875 ristoranti di contenitori alimentari compostabili.
Ricordiamo, poi, la legge Gadda del 2016, con cui le aziende e gli esercenti possono donare le eccedenze alimentari ai più bisognosi.
La doggy bag rappresenta, quindi, una delle soluzioni che gli esercenti dovrebbero introdurre sia per mostrarsi più attenti a tematiche ad oggi molto calde, sia per instaurare un dialogo più ricco con clienti più sensibili. Secondo i dati presentati dall’ONU, il cibo buttato dai ristoranti rappresenta un 1/3 del totale e il consumo finale è il momento in cui avviene il maggior spreco di cibo. Tuttavia, bisogna riconoscere che la partita è giocata su due fronti: se da un lato gli esercenti possono proporre porzioni eccessive, o non essere forniti di contenitori per portare a casa gli avanzi; dall’altro lato, come abbiamo visto, spesso e volentieri i clienti si vergognano di chiedere di poter portare a casa gli avanzi. Infatti, oltre la metà dei ristoratori afferma che spesso i clienti “hanno gli occhi più grandi della pancia” e lasciano nel piatto gran parte di quello che hanno ordinato, pochi di loro, poi, chiedono di poter portare via gli alimenti non consumati. I motivi, secondo gli imprenditori, risiedono nell’ imbarazzo, nella scomodità e, ancora, nell’indifferenza.
Quindi, cosa bisogna fare?
Prima di tutto, fornirsi di contenitori, magari anche compostabili, e poi proporli ai clienti.
Se infatti l’uso della doggy bag fa fatica a radicarsi nella nostra cultura e qualcuno non ne ha ancora sentito parlare, gli esercenti possono proporsi come icone e anticipare, o affiancare, un’abitudine che ormai nel resto dei paesi è ben diffusa.
Essere cittadini e consumatori più responsabili va di pari passo non solo con i nuovi trend alimentari e stili di vita green e sostenibili, ma anche con una maggiore attenzione per gli sprechi alimentari.
Non dimentichiamo, poi, che la doggy bag può essere un modo per continuare il rapporto con i clienti, dal ristorante alle loro case.
In poche parole, la doggy bag è un investimento da prendere in considerazione per crescere sia come cittadini, ma anche come ristoratori.
A breve saranno disponibili per i nostri clienti le doggy bag realizzate con materiali riciclabili, perfette per portare comodamente a casa il cibo non consumato, aiutando l’ambiente.
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